Il freddo fa dimagrire oppure è solo una delle tante bufale lette sul web? Vediamo di rispondere a questa domanda andando a vedere il modo in cui il nostro corpo reagisce alle basse temperature e come regola la temperatura corporea.
Il freddo attraverso i brividi, e il caldo con la sudorazione, sono manifestazioni dell'adattamento alle temperature esterne che il nostro corpo mette in atto per mantenere costante la temperatura corporea: l'essere umano è quindi un essere vivente omeotermo.
Fin dai suoi primi tempi, l'uomo ha sempre cercato di vivere in zone in cui potesse avere una neutralità termica, in cui cioè non avesse troppo caldo o troppo freddo. L'uomo tende infatti a vivere in zone confortevoli in cui poter mantenere la sua temperatura corporea costante.
L'essere umano è, però, endotermico, ossia produce calore dal suo interno per la regolazione della temperatura corporea. In questo modo è stato in grado di adattarsi anche a zone più calde o più fredde della sua temperatura corporea, popolando zone della terra anche molto critiche da questo punto di vista.
Attraverso i brividi va ad accumulare calore, con la sudorazione va, invece, a disperderlo. Tutti questi meccanismi sono, però, accompagnati da un comportamento chiamato "termoregolazione volontaria", ossia la messa in atto di comportamenti volontari da parte dell'uomo per fare in modo che si evitino le condizioni di caldo o freddo eccessivo. Tra questi comportamenti abbiamo, ad esempio, la scelta dell'abbigliamento adeguato, oppure il trasferimento ad un altro luogo più confortevole da questo punto di vista.
Tutti i comportamenti propri della termoregolazione volontaria fanno in modo che l'essere umano sia il più possibile in una condizione di neutralità termica. Di conseguenza, spesso l'aumento della produzione di calore viene evitato. L'organismo è in costante equilibrio tra perdita e produzione di calore, in modo da potersi adattare a diversi ambienti.
Quando le temperature esterne sono più basse rispetto alla temperatura corporea, allora aumenta la produzione di calore. Questo porta ad un incremento del tasso metabolico a riposo in un meccanismo chiamato "termogenesi indotta dal freddo", o TIF o CIT. Questo processo è un insieme di reazione metaboliche e fisiologiche che portano alla termogenesi, ed è conseguenza della temperatura ambientale. La produzione di calore sarà maggiore tanto più bassa è la temperatura ambientale in cui si trova il corpo.
Uno studio ha dimostrato proprio l'aumento della produzione di calore con la riduzione delle temperature da 28 °C a 22 °C. Questo fa anche supporre un ruolo di questi processi nella spesa energetica dell'organismo.
Durante la termogenesi indotta dal freddo abbiamo una serie di reazioni che mirano proprio al ristabilimento la temperatura corporea. Fra queste, la vasocostrizione dei vasi sanguigni a livello della pelle, che viene utilizzata come prima arma per evitare la perdita di calore, senza doverne produrre altro. Inoltre, la diffusione del calore viene anche favorita dalla maggiore attività del cuore.
Per la produzione di calore, quando è necessaria, si attiva il sistema nervoso simpatico, che aumenta la produzione della noradrenalina. Quest'ultimo è un neurotrasmettitore che determina la mobilizzazione dei grassi di deposito, ossia i trigliceridi del tessuto adiposo bruno, che verranno usati per la produzione di calore. Non solo il tessuto adiposo bruno, ma anche il muscolo scheletrico partecipa alla termogenesi, in modo analogo al primo. Il tessuto adiposo bruno è presente in alcuni distretti corporei, per la verità pochi, mentre è maggiore nei neonati. Negli adulti è depositato vicino ai vasi sanguigni per facilitare la diffusione del calore nel resto del corpo.
In ambienti freddi, aumenta, quindi, l'utilizzo di substrati energetici, quali lipidi e glucidi, che vengono usati in parte per la produzione di calore e per il ristabilimento della neutralità termica dell'organismo. Questo meccanismo sta alla base di quello che viene definito "disaccoppiamento mitocondriale", ossia l'uso dei nutrienti sia per la produzione di calore, sia come substrato per i diversi processi di funzionamento cellulare.
Il processo di disaccoppiamento mitocondriale è reso possibile grazie alla termogenina, una proteina presente nel mitocondrio che fa in modo che i lipidi vengano usati come fonte di energia per la produzione di calore. Questo meccanismo coinvolge anche i sistemi endocrini e il sistema nervoso autonomo, e vede l'azione anche degli ormoni tiroidei, la cui attività aumenta per la produzione di calore.
Quando un corpo è esposto al freddo, subentra prima il meccanismo chiamato "termogenesi non da brivido", in cui è il tessuto adiposo bruno ad agire, dietro stimolazione da parte del sistema nervoso simpatico. In questo caso, è stato calcolato che aumenta del 15% la spesa energetica giornaliera dell'organismo per la maggiore produzione di calore. In questa fase si usano principalmente i lipidi del tessuto adiposo. La spesa aumenta con la riduzione della temperatura, e risulta inferiore per soggetti più piccoli d'età e dal peso inferiore. Infatti, studi scientifici hanno dimostrato come la spesa energetica di questo tipo di termogenesi è inferiore in caso di sovrappeso e obesità. In questa fase, il tessuto adiposo bruno non è l'unico tessuto coinvolto, ma anche il muscolo scheletrico ha la sua azione, mettendo in atto il disaccoppiamento mitocondriale che è tipico di questa fase della termogenesi.
Successivamente, se le condizioni di basse temperature si protraggono nel tempo, e per temperature molto basse ed estreme, allora subentra la "termogenesi da brivido", in cui è il muscolo scheletrico il principale fautore di questo processo. Questo tessuto produce un brivido che porterà alla produzione di calore, iniziando da prima ad usare lipidi, che già nella fase non da brivido utilizzerà insieme al tessuto adiposo bruno, e poi inizierà ad usare glucidi, servendosi delle riserve di glicogeno presenti nel muscolo. Se lo sforzo aumenta e si protrae nel tempo, la principale fonte di energia per questo processo sarà il glicogeno muscolare.
Ma quindi in freddo aumenta il metabolismo? In realtà, proprio la fase della termogenesi non da brivido è oggetto di numerosi studi perchè sembrerebbe coinvolta, grazie anche al disaccoppiamento mitocondriale, con il maggior utilizzo dei lipidi di deposito. Si studia quindi il possibile ruolo di questi meccanismi nel controllo dell'obesità e dei livelli di tessuto adiposo. Alcuni studi, infatti, dimostrano come il tessuto adiposo bruno, attraverso il meccanismo di termogenesi, va ad incrementare, con la sua azione, la spesa energetica totale dell'organismo.
Alcuni studi hanno considerato la possibile azione del tessuto adiposo bruno nella riduzione dei trigliceridi e quindi nel miglioramento di alcune forme di dislipidemia. In modelli sperimentali animali è stato dimostrato come il metabolismo dei trigliceridi aumenta un seguito a brevi esposizioni al freddo. Questo perchè questo tessuto va a promuovere la rimozione dei trigliceridi dal sangue, andando a migliorare condizioni come l'obesità e il rischio cardiovascolare. Tuttavia, l'esatto meccanismo è ancora da chiarire e rimane incerto il modo in cui poter utilizzare questo tessuto come bersaglio di eventuali trattamenti terapeutici.
Per quanto riguarda la fase della termogenesi da brivido, in realtà è ancora in fase di studio il modo in cui il muscolo scheletrico utilizza le fonti energetiche in risposta a variabili come stress, freddo e disponibilità energetica.
Inoltre, in persone diverse il modo in cui vengono usati i nutrienti per la produzione di calore è molto variabile.
Questi meccanismi sono ancora oggetto di studio e non risultano sufficienti le prove a disposizione attualmente per poter affermare che il freddo porti davvero ad un dimagrimento. Inoltre, resterebbe da valutare la modalità di applicazione pratica della termogenesi nel dimagrimento.
Di recente, uno studio ha evidenziato che sottoporre l'organismo a sbalzi di temperatura, da 19 °C a 27 °C, può aiutare l'attività del tessuto adiposo bruno nella mobilizzazione dei grassi e nell'utilizzo del glucosio. Questo, quindi, potrebbe fare pensare ad una conferma del ruolo del freddo nel dimagrimento. In realtà, il campione di popolazione considerato nello studio è troppo piccolo e con vario nelle sue caratteristiche.
Le terapie sviluppate sulla base della correlazione tra freddo e dimagrimento, come la crioterapia, non hanno, ad oggi (2021), sufficienti prove scientifiche che ne dimostrino l'effettiva efficacia in tal senso. Inoltre, il loro successo è sempre correlato a dieta ed attività fisica, e non sono esenti da effetti collaterali, fra cui problemi nervosi.
Possiamo dire, quindi, che il freddo non è, ad oggi, da considerare un metodo di dimagrimento, il quale rimane strettamente connesso ad un'adeguata attività fisica e una specifica dieta dimagrante.
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