La superiorità indiscussa dei nostri salumi rispetto a quelli degli altri paesi europei è dovuta non solo all'abilità e all'esperienza dei nostri norcini, ma anche alla qualità delle carni di maiale, e in particolare alla loro "maturità", ovvero all'età di macellazione.
Questo è particolarmente vero per i prosciutti, tant'è che proprio questi prodotti (in particolare quelli di Parma e San Daniele) hanno imposto criteri di allevamento e di selezione dei maiali che fin dal 1970 sono state regolamentati per legge, facendo nascere il "circuito dei prosciutti di Parma e San Daniele".
Nel 1988 queste differenze rispetto ai metodo di allevamento tradizionali (quelli per produrre carni fresche) furono riconosciute anche a livello europeo: in sostanza l'Europa, con la decisione del Decisione della Commissione 89/53/CEE del 21/12/1988, ha riconosciuto la presenza in Italia di due distinte popolazioni suine, le cui carni danno luogo a differenti mercati: uno al suino di tipo leggero e l'altro al suino di tipo pesante (carcasse di peso da 120 a 180 chilogrammi).
Molti salumi DOP italiani (tutti quelli che vengono prodotti al nord) fanno riferimento al suino pesante italiano come materia per la loro produzione.
È naturale pensare che un prodotto così importante, che dà origine a prodotti DOP famosi in tutto il mondo come i prosciutti di Parma e San Daniele abbia già ottenuto una certificazione IGP o addirittura una DOP.
E invece cercando in rete, fino a qualche anno fa, si ottenevano informazioni contrastanti: esisteva il "Suino Pesante Padano", con tanto di consorzio nato nel 1985, la IGP è stata per anni in fase di accettazione.
Nel frattempo è stata richiesta e ottenuta una DOP di "Gran Suino Padano". Finalmente ci si è riusciti a mettere d'accordo... E per fortuna, visto che il disciplinare esiste ed è ormai standard da decenni, mi chiedo cosa ci volesse per ottenere questa benedetta certificazione!
La Francia, nazione simile al'Italia per vocazione gastronomica, ha ottenuto più di 20 certificazioni sulle carni fresche. Attualmente, noi siamo a 5 (le altre - vedi articolo sulle carni certificate - sono il Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale IGP, Cinta Senese DOP, Agnello di Sardegna IGP)... Non sarà arrivato il momento di svegliarsi e darsi una mossa?
Avere una certificazione (DOP o IGP che sia) garantisce una maggior trasparenza, fa conoscere il prodotto al consumatore, ma soprattutto fa aumentare in controlli, cosa importantissima: nell'ambiente del prosciutto di Parma girano troppo spesso leggende di camion con targa straniera pieni di suini che si aggirano nei dintorni della zona di produzione... Noi non vogliamo credere a queste dicerie perché siamo contro il terrorismo alimentare (diffondere informazioni non supportate da prove concrete), ma chiediamo che si faccia di tutto per evitare l'insorgenza di ogni dubbio.
Il disciplinare del Gran Suino Padano, così come è stato presentato alla comunità europea, impone vincoli ben precisi riguardo la razza, l'alimentazione e il peso del maiale alla macellazione. L'aspetto sicuramente più importante riguarda il peso e l'età alla macellazione, che deve essere superiore ai 160 kg (peso medio per partita) e 10 mesi.
Se è vero che l'alimentazione è strettamente regolamentata, l'impressione è che le regole imposte siano attente più che altro alla riuscita del prodotto, e non alla genuinità e alla "naturalezza" dell'alimentazione stessa. Le farine di pesce, per esempio, anche se consentite nella misura dell'1%, non mi danno l'idea di un prodotto allevato in modo genuino. Insomma non stiamo parlando di carni di qualità estrema, come può essere una Mora romagnola o una Cinta senese DOP, allevati allo stato semibrado e alimentati esclusivamente a cereali, oltre a quello che naturalmente trovano nel bosco. Tuttavia le carni del Gran Suino Padano sono senza dubbio superiori, a livello qualitativo e di gusto, a quelle dei suini leggeri importati dall'estero (soprattutto da Germania e Olanda), e il prezzo, sebbene sia superiore, è assolutamente un non-problema per le tasche di chiunque. Basta andare al supermercato e valutare quanto costa la carne di maiale... Se escludiamo il filetto ci si aggira spesso intorno ai 5 euro al kg o anche meno! La carne di fresca di Cinta senese o Mora romagnola costa almeno il doppio, spesso anche il triplo. Insomma stiamo parlando di due prodotti che si collocano in segmenti di mercato completamente diversi.
Purtroppo però la grande distribuzione e anche i piccoli rivenditori non danno al marchio l'importanza che dovrebbe avere, ovvero magari vendono carne di suino pesante, ma non lo dichiarano! Quindi a noi consumatori non resta che chiedere al commerciante se la carne che vende è di suino pesante italiano, oppure se viene dall'estero.
E non fatevi spaventare dalla quantità di grasso della carne di questi suini... Che è effettivamente un po' più grassa, ma questo è sinonimo di qualità e di gusto!
La carne grassa non fa male, è l'eccesso di cibo che fa male, non la sua qualità.
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