I datteri di mare (Litophaga litophaga) sono molluschi bivalvi appartenenti alla famiglia delle Mytilidae, la stessa delle cozze. Essi, infatti, sono molto simili alle cozze, anche se hanno una forma più stretta e allungata, ad ellisse, e il colore della conchiglia è marrone-rossiccio anziché nero come quello delle cozze. L'interno è bianco madreperlaceo, opalescente.
Il nome dattero di mare deriva proprio dalla loro forma simile a quella dei datteri (frutti).
I datteri di mare si riproducono nel periodo estivo (luglio e agosto) ed hanno una crescita molto lenta, impiegano circa 20 anni per arrivare a misurare 5 cm: anche per questo sono protetti e pescarli è vietatissimo!
Questi molluschi vivono incastonati dentro le rocce dei fondali marini costituite da calcare. Si nutrono scavando gallerie all'interno delle rocce e prelevando materiale organico attraverso un sifone, successivamente emettendo dei succhi gastrici che corrodono la roccia. I datteri di mare, infatti, già allo stadio larvale iniziano a insediarsi nelle rocce, specie in quelle calcaree, per poi secernere il materiale acido con il quale corrodono e creano uno spazio per incastonarsi nel substrato roccioso. Successivamente, iniziano a esporre all'esterno della zona di insediamento i sifoni, ossia le loro parti anatomiche che utilizzano sia per la respirazione che per l'alimentazione e con i quali catturano il cibo.
I datteri di mare appartengono alla classe dei Molluschi bivalvi, ossia una tipologia di molluschi caratterizzati da due valve costituite da calcio e unite da una cerniera e che racchiudono l'intero animale. Inoltre, le due valve, se aperte, permettono la respirazione, il movimento e la riproduzione, ma sono anche sede del filtraggio dell'acqua.
Questi molluschi vivono nei mari in una profondità che arriva fino a 40 m. Si trovano in prevalenza nel Mar Mediterraneo, nel Mar Adriatico (prevalentemente nelle coste della Croazia e del Montenegro), nell'Oceano Atlantico e nel Mar Rosso.
A causa della pesca indiscriminata realizzata negli anni, i datteri di mare sono sempre più rari da trovare nell'ambiente marino.
Personalmente non ho mai avuto il piacere di assaggiare i datteri di mare che, comunque, sono considerati una prelibatezza del mare, consumati crudi oppure cotti con vino, aglio e prezzemolo e magari abbinati ad un piatto di pasta.
Ma la loro pesca è vietata in molte zone del mondo, tra cui l'Italia e l'Europa.
L'Italia è stata tra i primi Paesi ad emettere la legge di divieto della pesca dei datteri di mare nel 1998 (DM 16 ottobre 1998) con qualsiasi attrezzo e aggiungendo un'ulteriore clausola: oltre al divieto di pescare datteri di mare si vieta anche la loro commercializzazione. L'Unione Europea si è adeguata solo più tardi, nel 2006, con il Regolamento CE 1967/2006, con il quale è posto divieto di pesca, ma anche detenzione, consumo e commercio dei datteri di mare.
Risulta chiaro, quindi, che qualsiasi dattero di mare si trovi nel nostro paese in circolazione è stato pescato di contrabbando (pratica purtroppo ancora diffusa nelle isole e nel Meridione). La pesca di frodo ha la sua motivazione nella richiesta ancora piuttosto diffusa dei datteri di mare da parte del mercato.
Le conseguenze della pesca di frodo dei datteri di mare, reato punibile per legge, possono andare dalla multa al carcere, per una sanzione che può raggiungere anche i 12000 euro e fino a 2 anni di reclusione. La denuncia può scattare anche per chi consuma questi molluschi e le frodi possono essere segnalate alla Guardia Costiera.
Per una volta non ci troviamo di fronte ad una specie in via d'estinzione, anche se il problema non è trascurabile, visto il tempo biblico di crescita di questo mollusco. Il problema è un altro: il divieto è dovuto all'impatto ambientale che la pesca dei datteri di mare comporta. Questi molluschi, infatti, sono talmente incastrati nelle rocce calcaree che, per estrarli, si devono usare strumenti quali scalpelli manuali (nel migliore dei casi) o martelli pneumatici (nella peggiore delle ipotesi), che comportano un irreversibile danno alle coste di natura calcarea, provocando la frantumazione di interi banchi di scogli.
Per di più, le zone dove si concentrano maggiormente le colonie di datteri coincidono spesso con i parchi e le riserve marini protetti. Le leggi che pongono il divieto di utilizzo e pesca dei datteri di mare si basano sui studi scientifici realizzati per l'occasione e che hanno dimostrato come la pesca dei datteri di mare (L. lithophaga), ma anche quella dei datteri bianchi (Pholas dactylus), determini una profonda alterazione dei fondali marini rocciosi e dell'ecosistema a cui queste specie marine appartengono. Di conseguenza, si ha la distruzione delle specie marine presenti nelle aree interessate, con la compromissione della biodiversità marina di quegli ambienti.
Non si deve pensare, infatti, alla roccia come ad una zona inerte, ma come ad un ecosistema a sé stante, popolato da diversi specie marine, molte delle quali impiegano decenni per il loro sviluppo.
Tra le aeree maggiormente interessate a questo tipo di deterioramento vi sono la penisola Sorrentina e il golfo della Spezia.
È stato calcolato che per ogni piatto di linguine ai datteri, si va a distruggere una porzione rocciosa di 33 centimetri quadri. Dai calcoli pubblicati nel rapporto zoomafia del 2007 della Lav (lega antivivisezione), sarebbero ogni anno dalle 80 alle 180 le tonnellate di datteri di mare pescate illegalmente, per un giro d'affari pari a 300 milioni all'anno. Il prezzo da pagare è una superficie del fondale marino distrutta pari a 4-9 ettari all'anno.
La pesca di frodo dei datteri di mare ha alle spalle delle vere e proprie organizzazioni criminali, che difendono il pescato di frodo anche dai controlli della Guardia Costiera. Il giro d'affari milionario parte dalle cene in cui si servono piatti di pasta ai datteri di mare sottobanco. Ci si chiederà, quindi, quanto costano i datteri di mare? Il prezzo di un piatto di pasta che li contiene può arrivare anche a 70 euro. Il loro costo è di circa 100 euro al chilo nel mercato nero, e durante le feste, in particolare durante il periodo natalizio in cui sono più ricercati, possono arrivare anche a 200 euro al chilo.
Nel nostro paese sono diversi gli episodi di persone denunciate per pesca di frodo di datteri di mare, anche in tempi recenti. Nel 2020, un sub e il suo complice in spiaggia sono stati denunciati e colti sul fatto durante la pesca di ben 6 kg di datteri di mare. Nello stesso periodo, due mitilicoltori della Spezia sono stati trovati con 2 kg di datteri di mare nascosti. In Sardegna, e precisamente a Sassari, un noto ristoratore è stato ritrovato, sempre nell'estate del 2020, con 1 kg di datteri di mare nel suo locale. Il bottino è stato scoperto durante un'ispezione della Guardia Costiera che ha trovato i molluschi dentro la cella freezer del ristorante sardo. In tutti questi casi citati, le persone colte in fallo sono state denunciate e saranno sottoposte a processo.
Per ridurre la pesca di contrabbando dei datteri di mare, sono in via di sperimentazione alcune modalità di allevamento dei datteri di mare. Queste tecniche sono basate sull'utilizzo di blocchi di cemento da usare per l'insediamento di datteri di mare, la cui raccolta, quindi, non provocherebbe alcun danno ambientale.
L'allevamento dei datteri è stato sperimentato a partire dai datteri bianchi, (Pholas dactylus), perchè più veloci nel loro sviluppo, circa 36 mesi per raggiungere la grandezza che sarebbe possibile vendere. La sperimentazione è durata 2 anni ed è avvenuta nel golfo di Manfredonia in un progetto finanziato dalla Regione Puglia.
Per creare i blocchi di cemento da supporto ai datteri, è stato messo in acqua del cemento, insieme a cenere e carbone, ed è stato ricreato nel mare un habitat adatto alla loro crescita, ma protetto dal resto dell'ecosistema.
Affinché i risultati siano riproducibili su scala nazionale, e siano quindi utilizzabili per scopi commerciali, è necessario perfezionare la tecnica con ulteriori sperimentazioni.
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