Per nefrite s'intendono tutte quelle patologie, di varia eziologia, a carattere infiammatorio, nelle quali la lesione colpisce il rene. In relazione alla sede del processo flogistico s'identificano la glomerulonefrite (interessamento dei glomeruli renali), la pielonefrite (interessamento della pelvi e del parenchima renale) e la nefrite interstiziale (interessamento dell'interstizio renale).
La nefrite interstiziale è una patologia a carattere infiammatorio, nella quale la lesione è prevalentemente e primitivamente localizzata nell'interstizio renale (tessuto connettivo del rene) e vengono risparmiati i glomeruli renali e i vasi sanguigni.
La nefrite interstiziale viene classificata in due forme in base all'andamento temporale della malattia:
La nefrite interstiziale acuta è caratterizzata da un coinvolgimento infiammatorio dell'interstizio che si accompagna, di solito, a un quadro d'insufficienza renale acuta. Nell'ambito di questa entità è possibile distinguere quattro forme principali:
Numerosi farmaci sono stati considerati responsabili della nefrite interstiziale acuta. Gli antibiotici beta-lattamici, la rifampicina, i sulfamidici, gli antiinfiammatori non steroidei, i diuretici tiazidici e la furosemide sono quelli più frequentemente implicati.
Il meccanismo mediante il quale la reazione di ipersensibilità interesserebbe il rene non è ancora bene noto, ma la prevalenza di linfociti T, monociti ed eosinofili suggerisce un ruolo predominante dell'immunità cellulo-mediata.
Generalmente la nefrite interstiziale acuta si presenta sotto forma di un improvviso e inaspettato deterioramento della funzione renale a distanza di 2-3 settimane dall'inizio della terapia con il farmaco responsabile. Possono inoltre essere presenti sintomi quali febbre, rash cutaneo macuolo-papulare, artralgie ed eosinofilia. Dolore lombare legato a distensione della capsula renale, secondaria all'edema interstiziale può essere presente nel 50% dei casi.
Le alterazioni urinarie riscontrabili, nella quasi totalità dei casi, includono microematuria, leucocituria e proteinuria.
Nel 30-40% dei casi può manifestarsi insufficienza renale acuta con gravità variabile e può richiedere l'emodialisi nella metà dei casi.
Sono quasi sempre presenti anche segni di disfunzione tubulare come acidosi tubulare prossimale, glicosuria, aminoaciduria e uricosuria.
La diagnosi di certezza si ha solo in seguito al referto della biopsia renale.
La prognosi della nefrite interstiziale acuta è quasi sempre favorevole. La rimozione dell'agente causale, quando noto, induce in genere un rapido recupero della funzione renale, anche se una persistenza di una significativa riduzione della funzione renale è stata riportata nel 40% dei casi. Il peggioramento della funzione renale è di solito la conseguenza della mancata diagnosi eziologica.
La terapia consiste essenzialmente nell'identificazione e rimozione dell'agente causale.
Un trattamento dialitico di supporto può risultare necessario nei casi più gravi (circa 35%). L'utilizzazione degli steroidi resta attualmente l'unico presidio terapeutico, nonostante a tutt'oggi non vi sia uno studio clinico controllato che abbia dimostrato l'efficacia di tale terapia.
La nefrite interstiziale cronica comprende un gruppo eterogeneo di patologie. L'aspetto che accomuna le diverse forme è rappresentato dalla fibrosi interstiziale con infiltrazione di elementi monomorfonucleati, accompagnata da un grado variabile di degenerazione e atrofia tubulare. Nell'ambito di tale gruppo è possibile riconoscere forme primitive, legate all'azione di tossici o alla presenza di infezioni batteriche recidivanti, e forme secondarie a patologie croniche primitivamente glomerulari e vascolari.
Le possibili cause di nefrite interstiziale cronica sono numerose e diverse:
In oltre i due terzi dei casi la nefrite interstiziale cronica è legata all'assunzione protratta di farmaci. Tra questi, un ruolo di primo piano rivestono gli antiinfiammatori non steroidei (FANS). Infatti, la nefropatia da abuso di analgesici è la causa più importante nei paesi occidentali. È importante ricordare che nelle forme croniche, contrariamente a quanto avviene nelle forme acute, il danno interstiziale è direttamente proporzionale alla dose e alla durata dell'esposizione all'agente eziologico. L'acido acetilsalicidico e i metaboliti della fenacetina, contenuti negli analgesici, in alte dosi, possono provocare un danno ischemico alla midollare renale.
Altri farmaci associati comunemente alla nefrite interstiziale cronica sono il litio e la ciclosporina. Il litio, se somministrato cronicamente, è in grado di indurre una fibrosi interstiziale diffusa. La nefropatia da ciclosporina è caratterizzata da una fibrosi interstiziale focale o diffusa.
Altre sostanze ad azione tossica sul rene, sono i metalli pesanti, in particolare cadmio e piombo. Il cadmio in circolo viene normalmente legato ad una proteina, formando un complesso molto stabile con un'emivita di 10 anni. Tale complesso si concentra a livello renale e in caso di prolungata esposizione ambientale si sviluppa lentamente una nefropatia cronica.
Al di là delle forme tossiche, la seconda forma di nefrite interstiziale cronica, in ordine di incidenza, è rappresentata dalla pielonefrite cronica, dovuta alla presenza di infezioni batteriche ricorrenti o persistenti. Tale forma è particolarmente frequente in pazienti con gravi malformazioni anatomiche, quali il reflusso vescico-ureterale o un'ostruzione delle vie urinarie.
Caratteristica clinica essenziale della nefrite interstiziale cronica è la prevalenza, per una lunga fase della malattia, delle disfunzioni tubulari sui segni, talora completamente assenti, di disfunzione glomerulare. In generale è estremamente frequente il coinvolgimento contemporaneo di più tratti del tubulo.
Una disfunzione prevalentemente prossimale, tipica per esempio della nefrite da cadmio, è caratterizzata dal ritrovamento nelle urine di bicarbonato, glucosio, aminoacidi e fosfati.
L'interessamento prevalentemente distale è invece segnalato da perdita di sodio e ritenzione di potassio con acidosi distale.
Un danno prevalentemente midollare o papillare, come nelle nefriti da FANS, si manifesta con incapacità a concentrare le urine, fino ai livelli di un vero e proprio diabete insipido nefrogeno.
L'analisi delle urine è quasi sempre moderatamente alterata; di solito sono presenti leucocituria, microematuria e una proteinuria modesta.
In una fase di malattia avanzata, è possibile osservare i segni del coinvolgimento glomerulare e vascolare, con una riduzione progressiva del filtrato glomerulare accompagnata dall'insorgenza di ipertensione arteriosa e anemia.
Anche nelle forme croniche, così come nelle acute, l'unica diagnosi di certezza è quella bioptica.
Il decorso clinico della malattia è caratterizzato da progressivo decadimento della funzione renale. La rimozione dell'agente eziologico è l'unico presidio terapeutico noto per evitare la progressione del danno renale che evolve sino all'uremia terminale.
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