La resistenza all'insulina, o insulino-resistenza, è una condizione molto frequente nei casi di prediabete, in cui la glicemia è superiore ai normali livelli ma ancora entro i limiti per poter parlare di vero e proprio diabete.
L'insulino-resistenza, nella maggior parte dei casi, non provoca sintomi manifesti ed evidenti, ma può essere diagnosticata attraverso gli esami di routine. È importante prendere le opportune precauzioni, prestando attenzione soprattutto all'alimentazione, per evitare le conseguenze che questa condizione può determinare.
Vediamo, nel corso di questo articolo, in modo più specifico che cosa si intende quando si parla di resistenza all'insulina, ma anche quali sono i metodi per diagnosticarla e quali i comportamenti da adottare di conseguenza.
La resistenza all'insulina può essere considerata l'opposto della sensibilità all'insulina.
L'insulina è un ormone prodotto dal pancreas che aiuta nella riduzione della glicemia, facilitando la captazione del glucosio da parte delle cellule. Questa molecola ha diverse azioni metaboliche, in quanto stimola le cellule epatiche all'immagazzinamento del glucosio sotto forma di glicogeno, inducendo quindi la sintesi del glicogeno a livello epatico.
L'insulino-resistenza è fortemente correlata ad una glicemia alta, ossia un eccesso di glucosio nel sangue che determina una perdita della capacità da parte delle cellule di assorbire e metabolizzare questo nutriente. In questi casi, l'insulina prodotta dal pancreas non riesce ad esplicare la sua funzione perché le cellule diventao "pigre", in pratica per svolgere la medesima funzione, necessitano di una quantità di insulina sempre maggiore. Dunque, le medesime quantità di insulina non riescono più a svolgere l'azione di riduzione della quantità di glucosio ematico, ossia la glicemia. Questa condizione è tipica dei soggetti in prediabete, e se si protrae per lunghi periodi, il pancreas perde la capacità di produrre insulina in quantità sufficiente.
Nella resistenza all'insulina, quest'ultima non è più in grado di bloccare la liberazione di glucosio da parte del fegato, che continuerà la glicogenolisi e la gluconeogenesi, reazioni di solito inibite per azione dell'insulina. In generale, nella resistenza all'insulina il tessuto adiposo, i muscoli e il fegato non sono in grado di rispondere all'azione dell'insulina.
Che cosa porti allo sviluppo dell'insulino resistenza non è ancora noto con esattezza, e non si sa, quindi, perchè le cellule smettano di essere sensibili all'azione insulinica.
Ciò che è noto, invece, è che nelle fasi iniziali di insulino-resistenza, il pancreas produce una maggiore quantità di insulina, in modo da continuare a regolare i livelli di glucosio nel sangue. Con il prolungarsi di questa condizione, però, il pancreas non riesce più a produrre livelli così alti di insulina, e la sua sintesi, quindi, diminuisce. La glicemia rimarrà, quindi, alta e se non si adottano le opportune strategie per arginare questa condizione, allora dall'insulino-resistenza si passa al diabete di tipo 2.
Tuttavia, vi sono delle condizioni che determinano una maggior probabilità di sviluppare insulino-resistenza, e di conseguenza anche diabete e prediabete. Fra queste vi è il sovrappeso e l'obesità, ma anche la vita sedentaria in assenza di una sufficiente attività fisica. Altri fattori predisponenti sono il fumo, l'insonnia, l'ipertensione arteriosa, come dimostrato da molti studi scientifici, fra cui questo.
Nella maggior parte dei casi, la resistenza all'insulina non porta a sintomi specifici ma ci sono delle condizioni che possono essere correlate a questa condizione. L'acanthosis nigricans è un esempio di conseguenza che è fortemente correlata alla resistenza all'insulina. Essa è un disturbo che interessa la pelle in cui vi sono delle zone iperpigmentate, senza una specifica delimitazione, che si concentrano soprattutto a livello del collo, dell'inguine e di altre pieghe cutanee, ascelle comprese. In queste zone del corpo, la pelle è più ispessita e di colore più scuro, tendente al nero o al marroncino, con una consistenza vellutata al tatto.
In seguito alla resistenza all'insulina, si può avere anche un peggioramento dei sintomi della sindrome dell'ovaio policistico, o PCOs. In questi casi si ha il peggioramento delle conseguenze tipiche della PCOs, come ciclo mestruale irregolare, infertilità e dolori mestruali.
Inoltre, come conseguenza di resistenza all'insulina si può avere una maggiore predisposizione verso le patologie cardiovascolari.
La diagnosi di resistenza all'insulina si fa attraverso delle analisi del sangue, talvolta proposti come routine in soggetti predisposti al diabete o in cui si sospetta la presenza di una fase di prediabete. Uno degli esami maggiormente significativi in merito è quello dell'emoglobina glicata (HbA1c).
L'emoglobina glicata serve per avere una fotografia della situazione della glicemia nei 3 mesi precedenti. Se questo valore è sotto il 5,7% allora può essere considerato normale. Se è compreso tra il 5,7 e il 6,4%, si ripete l'analisi per una seconda volta e, se viene confermato il risultato, si può sospettare un prediabete con un'insulino-resistenza.
Se l'emoglobina glicata è superiore o uguale a 6.5%, e se il risultato viene confermato anche da una seconda misurazione, allora si può diagnosticare il diabete.
Per dare una conferma del risultato ottenuto, il test dell'emoglobina glicata viene di solito accompagnato con quella della glicemia a digiuno, che determina i valori della glicemia dopo 8 ore di digiuno. Per il prediabete i valori devono essere compresi tra 100 e 125 mg/dl di sangue, mentre per valori superiori a 126 mg/dl si può parlare di sospetto diabete. Anche in questo caso, il test viene ripetuto due volte per accertarsi dei risultati.
Per la diagnosi di diabete e prediabete si utilizzano, quindi, entrambi i test che abbiamo citato che devono dare in entrambi i casi valori superiori alla norma, prima di parlare di prediabete o addirittura di diabete.
Per i pazienti in cui i valori di glicemia ed emoglobina glicata coincidono con quelli del prediabete, allora si può parlare di resistenza all'insulina.
In alcuni casi, per confermare la resistenza all'insulina può essere usato il test di tolleranza al glucosio, in cui si determina la glicemia in diverse ore della giornata. Precisamente, viene misurata a digiuno al mattino ed in seguito alla somministrazione di zucchero dopo 2 ore. I livelli normali di glicemia dopo 2 ore dovrebbero essere pari a 140 mg/dl. Se sono compresi tra 140 e 199 mg/dl si parla di prediabete, se sono pari o superiori a 200 mg/dl si ha diabete.
Così come per i due test precedenti, se i risultati di questo test rientrano nell'ambito del prediabete si può parlare di resistenza all'insulina.
Lo sviluppo di resistenza all'insulina può essere prevenuto da determinati comportamenti che possono ridurne il rischio anche in soggetti predisposti per familiarità.
Uno dei modi per combattere e prevenire la resistenza insulinica è la perdita del peso corporeo, abbinato all'incremento dell'attività fisica. Infatti, dopo lo sport, i muscoli aumentano la loro sensibilità all'insulina. Alcune ricerche hanno dimostrato che la riduzione del peso corporeo pari al 7% del peso di partenza, può portare alla riduzione del 58% del rischio di sviluppo di diabete.
In generale, per combattere la resistenza all'insulina è necessario cambiare il proprio stile di vita, adottando comportamenti che traducano uno stile di vita sedentario in uno attivo. La dieta è fondamentale per la risoluzione di problemi di resistenza all'insulina, e anche in questo caso i cambiamenti devono essere graduali ma di lunga durata. Ridurre i carboidrati, in particolar modo gli zuccheri, è uno dei primi passi da mettere in pratica.
I cambiamenti graduali nello stile di vita saranno quelli più efficaci perchè più duraturi e, come dimostrato da questo studio, possono portare ad una riduzione del rischio di sviluppare poi diabete pari al 58%.
Alcune ricerche hanno correlato la carenza di vitamina D con un maggior rischio di sviluppare insulino-resistenza e diabete. In realtà, vi sono altri studi che evidenziano come i livelli di vitamina D non abbiano alcun effetto sulla glicemia. Pertanto, non si hanno ancora prove che l'uso di integratori a base di vitamina D possa risolvere l'insulino-resistenza.
Alcuni studi dimostrano come un riposo notturno di buona qualità possa incidere anche nella prevenzione della resistenza all'insulina. Infatti, il sonno regolare e di buona qualità è importante per l'omeostasi energetica e glicemica e per un metabolismo efficiente.
La riduzione degli zuccheri nella dieta è la prima strategia da adottare in caso di insulino-resistenza. Importante è, soprattutto, fare attenzione agli zuccheri nascosti nei cibi processati ed industriali, che andrebbero sempre evitati.
Inoltre, bisognerebbe ridurre il consumo di alimenti non integrali, che vengono assorbiti subito e processati a livello intestinale, portando ad un repentino aumento della glicemia.
Sostituire i grassi saturi con quelli insaturi è un'altra vincente strategia, in quanto gli acidi grassi saturi, in grandi quantità, sono spesso associati ad un aumento del rischio di sviluppare insulino-resistenza. Di conseguenza, una buona norma è, ad esempio, consumare una sufficiente quantità di pesce, specie quello ricco di omega-3 come salmone, sardine, tonno, sgombro e aringhe. Fonti di grassi salutari sono anche la frutta secca, i semi oleosi e burri ed oli da essi estratti, così come anche l'olio extra-vergine di oliva.
Assumere non solo carboidrati nel pasto, ma anche fibre, proteine e grassi migliora la risposta insulinica al pasto e riduce la probabilità di sviluppare insulino resistenza. Importanti sono, quindi, anche le proteine, sia quelle della carne e in alimenti di origine animale, che quelli dei legumi e delle fonti vegetali.
Le verdure non devono mai mancare in qualsiasi dieta sana, ma soprattutto in caso di insulino-resistenza sono fondamentali per il loro apporto di fibre e per l'aumento del senso di sazietà. Altri alimenti importanti che sono fonti di fibre sono i cereali integrali e la frutta, ma anche i legumi. Alcune delle fibre, in particolare quelle contenute nei legumi, sono importanti anche nella riduzione dell'assorbimento intestinale degli zuccheri.
L'esame delle feci è una procedura diagnostica che consiste nella raccolta e nell'analisi di un campione di feci, al fine di individuare alcune eventuali condizioni patologiche.
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