Il prosciutto di Norcia viene dall'omonima città umbra, Norcia, che è da sempre sinonimo di carne di maiale trasformata tanto che con il termine "norcino" un tempo si indicava "colui che (testuale dal dizionario etimologico di Pianigiani) castra e ammazza porci, e ne lavora la loro carne, [mestiere che a Roma e Firenze era fatto da uomini di Norcia]".
Il prosciutto di Norcia è un esempio emblematico della differenza che passa tra un prodotto DOP e IGP: noteremo come il disciplinare di produzione sia meno specifico e quindi meno efficace rispetto, per esempio, ai più blasonati prosciutti DOP italiani.
Questo vale soprattutto per le materie prime: il prosciutto di Norcia deve essere fatto con "cosce dei suini pesanti adulti, esclusi verri e scrofe, provenienti da allevamenti di razze bianche incrociate e selezionate." Non facendo riferimento a normative specifiche, si deve supporre che il termine "suino pesante" qui sia del tutto arbitrario e che non si debbano per forza rispettare le regolole imposte dal disciplinare del suino pesante italiano. Ma non solo: i suini possono impiegati possono essere esteri, le carni possono essere congelate ecc.
L'elaborazione del prosciutto di Norcia deve avvenire nella zona comprendente i comuni di Norcia, Preci, Cascia, Monteleone Spoleto, Poggiodomo, nei territori posti ad altitudine superiore ai 500 m.s.l.
La lavorazione è del tutto simile a quella di qualunque altro prosciutto: comprende quindi due salature, il riposo per 2 mesi e mezzo, la sugnatura e la stagionatura, che da disciplinare non può essere inferiore a 12 mesi.
Il disciplinare specifica: "si impiega cloruro di sodio marino di grana media e pepe in modeste quantità". Non si vietano (esplicitamente) nè si consentono conservanti: il che fa supporre che non vengano usati, ma il dubbio che queste indicazioni non siano un obbligo rimane.
Il peso del prosciutto di Norcia dopo la stagionatura non deve essere inferiore a 8,5 kg.
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