La trombocitemia essenziale è un disordine mieloproliferativo cronico caratterizzato da un'abnorme produzione di piastrine.
È nota anche con il termine "trombocitosi", piuttosto che "trombocitemia", e l'aggettivo "essenziale" può essere sostituito da "primaria", "idiopatica" o "emorragica".
La trombocitemia "essenziale" si contrappone, dunque, alle cosiddette trombocitemie "secondarie", ovvero delle condizioni in cui si registra un aumento importante del numero di piastrine, a causa di altri stimoli patologici o parafisiologici.
La forma essenziale è una proliferazione neoplastica (cioè un tumore) di tipo clonale (cioè tutte le cellule tumorali derivano da un'unica cellula progenitrice localizzata nel midollo osseo, che perde il controllo ed inizia a proliferare), senza che vi sia alcuno stimolo esterno.
Insieme a leucemia mieloide cronica, mielofibrosi idiopatica e policitemia vera, la trombocitosi essenziale appartiene al gruppo delle cosiddette sindromi mieloproliferative croniche.
Le piastrine sono dei frammenti cellulari (non sono cellule vere e proprie, perché sono prive di nucleo e della maggior parte degli organelli) che hanno un ruolo fondamentale nel processo dell'emostasi.
Dal punto di vista patologico, le piastrine possono essere implicate nei fenomeni di trombosi vascolare; da ciò derivano i termini "trombopoiesi", che indica il loro processo di produzione e "trombocitemia", che indica un eccesso di piastrine nel sangue.
La trombopoiesi avviene nel midollo osseo rosso e coinvolge una cellula progenitrice di grandi dimensioni, detta megacariocita.
Le piastrine derivano dalla frammentazione del citoplasma del megacariocita (da ogni megacariocita si possono formare migliaia di piastrine).
La formazione e la maturazione dei megacariociti è stimolata dalla trombopoietina, un fattore di crescita con struttura glicoproteica e con funzione sovrapponibile a quella esercitata dall'eritropoietina (o EPO) nella produzione di globuli rossi.
Non è nota una causa univoca che sia in grado di provocare la tombocitemia essenziale, ma, come per molte altre neoplasie, un aumento dell'esposizione ad agenti mutageni rappresenta un fattore di rischio.
Dal punto di vista molecolare, la patologia è associata ad una mutazione acquisita di una proteina chinasi denominata "JAK2", che è presente nel 50% dei casi (invece, nella policitemia vera, JAK2 è mutata in più del 95% dei casi).
JAK2 è una proteina coinvolta nella via di trasduzione del segnale mediata da diversi fattori di crescita e la sua mutazione rende la chinasi costituzionalmente attiva, indipendentemente dal segnale innescato dai fattori di crescita, provocando una proliferazione indiscriminata delle cellule a valle del clone mutato.
La trombocitemia essenziale è una malattia rara, con un'incidenza di 2 casi ogni 100.000 persone all'anno.
Tuttavia, la sua reale prevalenza potrebbe essere sottostimata, dato che la patologia è frequentemente asintomatica e spesso viene diagnosticata in seguito a un riscontro accidentale agli esami ematici di routine.
È tipica dell'età adulta (picco d'insorgenza a 65 anni) e predilige spiccatamente il sesso femminile (ma la causa di questa "predilezione" non è nota).
Nella maggior parte dei casi non è presente alcuna sintomatologia degna di nota.
La milza può risultare ingrandita, ma la variazione di volume è molto modesta rispetto ad altri disordini ematologici e perciò può passare inosservata.
In una minoranza di pazienti, si possono verificare sintomi legati a dei difetti nel processo dell'emostasi.
Infatti, vi è una tendenza allo sviluppo di eventi trombotici microvascolari, con aumento del rischio di infarti e ictus.
Un fenomeno peculiare (ma presente anche in altre sindromi proliferative), connesso alla trombosi microvascolare, è la cosiddetta "eritromelalgia", ovvero la comparsa di improvvisi dolori urenti (cioè che bruciano) alle mani e/o ai piedi, accompagnati da una colorazione rosso-bluastra della cute, in corrispondenza delle zone dolenti.
Inoltre, nonostante ciò sia contro-intuitivo, la trombocitemia essenziale è associata ad un aumento del rischio di sanguinamenti, poiché le piastrine in eccesso interferiscono con il fattore di Von Willebrand, una glicoproteina importante per il corretto svolgimento della cascata emo-coagulativa.
Sono quindi possibili ecchimosi, porpora e sanguinamenti mucosi, anche in seguito a traumi minimi.
Come detto, la diagnosi clinica è difficile poiché anamnesi e esame obiettivo non denotano quasi mai elementi di rilievo.
Spesso, l'iter diagnostico inizia allorché si riscontra un numero di piastrine particolarmente elevato (> 600.000 per microlitro) a un semplice esame ematico, eseguito per altri scopi.
Uno step fondamentale per la diagnosi della trombocitemia essenziale è l'esclusione di altre condizioni che potrebbero essere responsabili di una trombocitosi (ovvero un aumento del numero di piastrine) secondaria, come:
Inoltre, è necessario fare una diagnosi differenziale con le altre sindromi mieloproliferative. A tal fine, è necessario riscontrare:
Agli esami ematici, oltre all'ovvio aumento del numero di piastrine, si rileva:
L'esame microscopio dello "striscio" di sangue mette in mostra delle piastrine anomale, alcune delle quali raggiungono dimensioni molto superiori alla norma.
Il riscontro della mutazione a carico di JAK2 è importante, ma è assente nella metà dei casi.
Come detto, la trombocitemia essenziale è una malattia spesso asintomatica e con un andamento clinico sostanzialmente benigno.
È la sindrome proliferativa cronica con la prognosi migliore, con una media di 10-20 anni di stabilità clinica.
Col tempo, vi è il rischio di evoluzione in fibrosi midollare o di trasformazione in leucemia acuta, ma tali evenienze sono comunque rare (< 5%).
Il problema principale di questi pazienti è legato alla funzione cardiovascolare, a causa dell'aumento del rischio di trombosi e/o emorragia.
Tuttavia, la maggior parte degli studi scientifici ha evidenziato che il rischio di eventi trombotici gravi nei pazienti con trombocitemia essenziale è solo modestamente aumentato rispetto ai coetanei non affetti; inoltre, tale rischio non sembra essere correlato linearmente con il numero di piastrine.
Per tali ragioni, la terapia è riservata ai soli pazienti sintomatici per accidenti vascolari.
Come farmaco di prima linea, si utilizza la cardioaspirina, oppure degli altri antiaggreganti.
Nell'eventualità che la terapia antiaggregante non sia sufficiente, gli si aggiunge l'idrossiurea, un chemioterapico molto efficace nel ridurre il numero di piastrine ma con effetti collaterali potenzialmente gravi.
Comunque, tutto sommato, una volta individuato un regime terapeutico adeguato alle singole esigenze e in grado di tenere sotto controllo il profilo emostatico, l'aspettativa di vita di questi pazienti si avvicina molto a quella della popolazione generale.
L'esame delle feci è una procedura diagnostica che consiste nella raccolta e nell'analisi di un campione di feci, al fine di individuare alcune eventuali condizioni patologiche.
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