La vitamina K comprende un gruppo di composti liposolubili che sono correlati sia a livello funzionale che strutturale, e a cui in generale, viene attribuito il nome di vitamina antiemorragica, dovuto alle loro funzioni all'interno dell'organismo.
Di questo gruppo di molecole fa parte la vitamina K1, o fillochinone, la vitamina K2, o naftochinone, e la K3 o menadione.
Il fabbisogno della vitamina K è in parte coperto dalla sintesi ad opera della flora batterica intestinale. La possiamo, però, ricavare dagli alimenti di origine vegetale, mentre è scarsa la presenza in quelli animali. Si trova, in particolare, negli ortaggi a foglia verde, come broccoli, lattuga, spinaci e cavoli, ma anche in latte e derivati.
La vitamina K è importante per la coagulazione in quanto è un fattore antiemorragico. Partecipa, infatti, alla sintesi nel fegato di fattori della coagulazione, come la protrombina. In particolare partecipa alla carbossilazione del residuo dell'acido glutammico della protrombina. Questa reazione è importante per il legame del gruppo formatosi come conseguenza, il γ-carbossilglutammato, al calcio. Questa tappa è fondamentale per la coagulazione. Alcune molecole possono contrastare l'azione della vitamina K, come il dicumarolo e la warfarina, che hanno invece attività anticoagulante.
La vitamina K è, inoltre, coinvolta nella mineralizzazione delle ossa e nello sviluppo del sistema nervoso.
Uno studio ha associato i bassi livelli di vitamina K ad un possibile ruolo nella patogenesi dell'Alzheimer. i ricercatori hanno infatti osservato un basso consumo di alimenti ricchi di questa vitamina da parte dei partecipanti allo studio che soffrivano di Alzheimer.
Un'altra ricerca scientifica ha proposto un possibile ruolo della vitamina K nella promozione della memoria e delle funzioni cognitive negli anziani.
Per l'attività importante nella coagulazione ematica, la carenza di vitamina K provoca emorragie più frequenti ed ecchimosi. Nei bambini provaca, invece, ritardo nella crescita e nello sviluppo.
Si verifica in particolare nelle malattie che coinvolgono la mucosa dell'intestino tenue, ma anche in danni epatici e in seguito all'assunzione di anticoagulanti antogonisti della vitamina K. Nei neonati si possono avere bassi livelli di vitamina K, in particolare in quelli prematuri.
Per l'assunzione della vitamina K non vengono fissati livelli di assunzione massima tollerabile, poichè non ci sono evidenze scientifiche che dimostrino effetti dannosi dovuti al sovradosaggio del composto naturale.
Le cointroindicazioni per l'assunzione di vitamina K come integratore vi possono essere per soggetti che soffrono di fibrosi cistica e che hanno subito da breve tempo interventi chirurgici. I sintomi derivanti possono essere a carico della cute, come prurito, edemi ed eruzioni cutanee.
I LARN 2014 (Livelli di Assunzione Riferimento per la popolazione italiana) indicano come assunzione adeguata giornaliera 140 μg dai 15 ai 59 anni sia per gli uomini che per le donne, anche durante la gravidanza e l'allattamento. Dopo i 60 anni questi livelli sono fissati a 170 μg al giorno.
L'integrazione di questa vitamina è prescritta dal medico in caso di nascita prematura e in soggetti che assumono farmaci anticoagulanti, così come anche nel caso di ustioni diffuse, patologie debilitanti e trattamenti chirurgici di rimozione di parte dell'intestino. L'integrazione della vitamina K è anche consigliata in soggetti che integrano il calcio e la vitamina D, in modo da prevenire il deposito del calcio a livello sanguigno.
Nel 2014, uno studio ha riassunto le scoperte in materia di integrazione di vitamina K e prevenzione di malattie come osteoporosi, fratture e osteoartriti. La conclusione è stata che sono necessari ulteriori studi per confermare il coinvolgimento di questa vitamina nella prevenzione e cura di queste patologie. Nonostante questo, diversi studi hanno confermato che bassi livelli di vitamina K sono associati a una minore densità ossea e all'aumento del rischio di fratture.
Questa vitamina viene prodotta dalla flora intestinale nell'intestino tenue. Non viene immagazzinata nell'organismo, ma viene risintetizzata di continuo.
La vitamina K è termostabile, per cui resistente alle temperature di cottura dei cibi, ma è anche resistente agli acidi. Viene invece degradata da alcuni agenti riducenti e dalla luce.
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