Le aflatossine sono micotossine (cioè tossine prodotte da funghi) il cui studio iniziò nel 1960, anno in cui si verificò, nel Regno Unito, la morte di decine di migliaia di tacchini, fagiani, suinetti che erano stati nutriti con farina di arachidi.
Il fattore tossico venne ben presto riconosciuto nelle tossine prodotte dalla muffa Aspergillum flavus, da cui il nome aflatossine. In seguito si scoprirono diverse altre muffe capaci di produrre micotossine pericolose per gli animali e per l'uomo. Questi composti evidenziano una fluorescenza, caratteristica che ha consentito di isolarle e che in alcuni casi ha contribuito a nominarle, mentre in altri casi si utilizzò l'alimento nel quale vengono ritrovate.
Abbiamo quindi:
Da allora tutti gli alimenti potenzialmente attaccati dalle muffe produttrici di tossine sono controllati con metodi che consentono di rilevare anche quantità bassissime, prive di significato tossicologico.
Le aflatossine sono sostanze altamente tossiche e cancerogene, il loro bersaglio principale è il fegato.
Nonostante i controlli, ancora oggi si riscontrano diverse positività, anche se le epidemie che si sono verificate in passato sono ormai un lontano ricordo.
Per esempio, fu una tossicosi causata da aflatossine la cosiddetta "sindrome di Reye", che colpì alcuni bambini thailandesi che morirono dopo circa 48 ore dalla comparsa dei primi sintomi di intossicazione (vomito, ipoglicemia, convulsioni). Nei loro corpi furono trovate le aflatossine B, provenienti da cibi consumati nonostante la presenza di muffe.
In India, nel 1974, ci fu un'epidemia di epatite che colpì 400 persone, con 100 decessi, causate dal consumo di mais contaminato da aflatossine B, le più tossiche e cancerogene del gruppo.
In Africa sono stati riportati numerosi casi di intossicazioni acute associate principalmente al consumo
di mais altamente contaminato, per esempio in Kenya nel 1982 (12 morti) e nel 2004 (125 morti).
Per approfondire consigliamo questo articolo.
Le aflatossine possono essere presenti in molti prodotti alimentari delle più disparate categoria: arachidi, frutta a guscio, granoturco, riso, fichi e altra frutta secca, spezie, oli vegetali grezzi e semi di cacao, latte e derivati...
Dunque non ha molto senso consigliare di limitare o evitare questo o quell'alimento per ridurre la probabilità di consumare accidentalmente quantità potenzialmente pericolose di aflatossine. Preferire cibi di origine italiana può essere efficace per le muffe che si sviluppano durante lo stoccaggio o il trasporto, ma bisogna anche considerare che i cereali italiani, soprattutto in annate sfavorevoli, hanno già dimostrato di avere livelli di aflatossine superiori rispetto a quelli importati, a volte addirittura eccedenti i limiti di legge.
Il problema per il consumatore italiano non è quello dell'intossicazione acuta (per la quale occorrerebbero alimenti fortemente contaminati, evento improbabile grazie ai controlli stringenti ai quali sono sottoposti i cibi che arrivano sulle nostre tavole), ma di quella cronica a seguito dell'assunziona continuativa di cibi poco contaminati, che può aumentare la probabilità di contrarre l'epatocarcinoma cellulare (tumore del fegato).
L'EFSA monitora continuamente il livello di aflatossine ed effettua continuamente studi per aggiornare le conoscenze in merito, ed eventualmente modificare le leggi e i sistemi di monitoraggio per ridurre i rischi per la salute pubblica.
Dunque, il consiglio che si può dare è quello di avere un'alimentazione variata, variare le fonti di approvvigionamento e affidarsi a prodotti di qualità, diffidando dei prodotti a basso costo, soprattutto per quanto riguarda le categorie più a rischio (soprattutto cereali e frutta secca).
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