La Yersinia enterocolitica fa parte di quelli che in microbiologia vengono definiti "patogeni emergenti" delle tossinfezioni alimentari, ossia microrganismi già noti ma che solo negli ultimi anni sono diventati causa di problemi in seguito alle contaminazioni alimentari.
Questi batteri hanno acquisito la capacità di occupare nuove nicchie ecologiche in seguito a mutazioni genetiche o per acquisizione di materiale genetico da altri microrganismi.
Per la maggior parte sono batteri che si moltiplicano all'interno dell'organismo animale e si trasmettono all'uomo attraverso gli alimenti di origine animale oppure per contaminazione indiretta di quelli di origine vegetale. Le malattie che causano sono delle vere e proprie zoonosi di origine alimentare, in cui il cibo vettore dell'infezione è in apparenza non contaminato o modificato rispetto alla norma. Nella maggior parte dei casi si tratta di alimenti non trasformati o che subiscono pochi processi di trasformazione e spesso questi batteri possono proliferare a temperature di frigorifero, risultando pertanto difficili da debellare.
Nella maggior parte dei casi, gli animali che trasmettono i patogeni emergenti sono sani, ossia non sviluppano la patologia derivante dal batterio in questione. Questi batteri sono spesso resistenti al trattamento antibiotico.
La Yersinia enterocolitica è un batterio a forma di bastoncello, gram-, che fa parte degli enterobatteri. È un microrganismo psicrofilo, cioè vive tra i 0°C e i 25 °C, ma la sua temperatura ottimale è tra i 10 e i 15 °C. Inoltre, è aerobio facoltativo, cioè vive sia in presenza che in assenza di ossigeno. Come possiamo quindi intuire, questo batterio sopravvive quindi a temperature di refrigerazione, ma è sensibile al pH acido.
Del genere Yersinia fanno parte tre specie patogene per l'uomo: oltre alla enterocolitica, abbiamo la Y. pestis, responsabile della peste, e la Yersinia pseudotubercolosis.
La Y. enterocolitica comprende in realtà diversi sottogruppi, chiamati sierotipi, che si distinguono a seconda della regione geografica di diffusione.
I casi conosciuti di tossinfezione alimentare da Y. enterocolitica erano rari negli anni Sessanta ma hanno subito un notevole incremento negli ultimi 10 anni, annoverando questo batterio tra i principali da tenere sotto controllo in campo di sicurezza alimentare. L'aumento dei casi noti è dovuto non solo ad un maggior controllo e attenzione sulla sicurezza alimentare, ma anche ad una maggiore circolazione degli alimenti tra i vari paesi. In particolare, l'incidenza di questa tossinfezione è aumentata dal 1994 al 2005, con due picchi massimi nel 1998 e nel 2002, in cui sono stati osservati 3,5 casi su 100.000 persone.
Oggi non mancano gli episodi di epidemie da Yersinia enterocolitica, anche se non sono comunque molto frequenti rispetto ad altre infezioni più gravi. I casi sono maggiori nei paesi sviluppati, in particolar modo durante il periodo invernale. In Europa, infatti, i paesi maggiormente colpiti sono quelli del nord, in cui è stata registrata una maggiore incidenza, ed in particolare Lituania, Finlandia e Germania.
In Italia, non è possibile stimare con certezza la prevalenza della malattia in quanto non è obbligatoria la segnalazione e quindi i casi accertati potrebbero essere sottostimati, come dimostrato dal fatto che sono in aumento i tassi di isolamento di questo batterio nei suini, ma in parallelo non si hanno aumenti nelle segnalazioni delle patologie derivanti. I paesi europei in cui l'incidenza della malattia risulta maggiore potrebbero, quindi, essere in realtà quelli in cui il meccanismo di segnalazione ha un miglior funzionamento.
Gli alimenti in cui questo batterio può moltiplicarsi sono sia vegetali che animali. La Y. enterocolitica, come quasi tutti i patogeni emergenti, viene trasmessa attraverso gli animali, prevalentemente quelli a sangue caldo, ma anche attraverso uccelli, sia domestici che selvatici. Si contrae attraverso il contatto con animali infetti, oppure attraverso alimenti derivanti da essi. Alcuni sierotipi sono presenti nell'acqua e possono quindi contaminare alimenti vegetali.
Questo batterio contamina in particolare la carne, specie quella di manzo, pollo e maiale, ma anche altri alimenti di origine animale come il latte, le uova e il pesce.
Tra gli alimenti di origine vegetale più colpiti troviamo le patate, il riso e le carote e nella maggior parte dei casi si tratta di vegetali di quarta gamma, ossia di quei prodotti in busta, già tagliati e lavati, pronti al consumo. Non si trova invece nei formaggi, specie in quelli molto stagionati, proprio per il loro processo di produzione che ne arresta la crescita.
La contaminazione da Y. enterocolitica può essere prevenuta attraverso alcuni metodi di conservazione. Se è vero che la refrigerazione non ne blocca la crescita, essa è rallentata dall'abbassamento del pH dell'alimento. Questo risultato si ha ad esempio in seguito alla produzione di acido lattico dopo fermentazione lattica. La coagulazione del latte diminuisce la crescita microbica, mentre in seguito alla maturazione del formaggio si ha il suo blocco totale.
La salagione e la pastorizzazione sono altri metodi di conservazione che rallentano la crescita di questo batterio.
A livello casalingo, la miglior prevenzione possibile per prevenire il contagio delle tossinfezioni da Yersinia enterocolitica è proprio il veloce consumo degli alimenti che possono essere contaminati, evitando di farli sostare per lungo tempo in frigorifero. Inoltre è bene evitare il consumo di vegetali di quarta gamma, come carote grattugiate e verdure in busta in generale.
La cottura è un ottimo metodo di prevenzione delle patologie derivanti da Y. enterocolitica, infatti esso è ucciso a temperature maggiori di 60 °C già dopo pochi minuti di trattamento.
La Yersinia enterocolitica penetra nell'uomo per via orale e raggiunge l'intestino, in particolare a livello dell'ileo terminale, dove entra all'interno degli enterociti. La Yersinia enterocolitica è in grado di diffondere nei linfonodi e nel sistema linfatico in generale, in particolare nelle placche di Peyer e nei follicoli linfonodali mesenterici.
Le conseguenze prevalenti si hanno a livello della mucosa dell'ileo terminale, in cui si ha la formazione di ulcere, ma anche di lesioni necrotiche delle placche di Peyer, infiammazione e ipertrofia dei linfonodi.
La diagnosi di malattie derivanti da Yersinia enterocolitica viene effettuata in seguito ad un esame colturale di campioni di sangue, tessuto linfonodale o liquido peritoneale. A partire da questi prelievi si va ad isolare il batterio con specifici terreni colturali alla temperatura di 4 °C.
In seguito alla tossinfezione derivante da Yersinia enterocolitica si hanno in prevalenza sintomi che interessano l'apparato gastrointestinale, come spesso succede per le malattie veicolate da alimenti.
In prevalenza si ha nausea accompagnata da crampi addominali molto intensi, diarrea e febbre. Il tasso di mortalità è molto basso. I sintomi variano, però, in relazione all'età del soggetto e possono caratterizzare un'enterite lieve così come anche un'infezione sistemica grave.
Il tempo di incubazione va dalle 24 alle 36 ore e i soggetti maggiormente colpiti sono gli anziani, i bambini, in particolare in quelli di età inferiore ai 5 anni, e gli immunodepressi. In particolar modo nei bambini al di sotto dei 2 anni i sintomi prevalenti sono febbre alta e diarrea, spesso sanguinolenta. Nei lattanti a volte si può verificare la batteriemia, ossia la diffusione dei batteri nel sangue, potenziale causa di infezioni a livello sistemico.
Le infezioni sistemiche sono rare e coinvolgono soprattutto soggetti immunocompromessi. Esse possono portare, fra gli altri, a meningite, polmonite, endocardite, ascessi epatici.
Negli adulti i sintomi prevalenti possono essere simili ad un'appendicite acuta, con quindi dolore addominale intenso nel quadrante inferiore destro dell'addome. Questi sintomi possono durare da qualche settimana ad un mese e vengono spesso confusi con altre patologie, come il morbo di Crohn.
Dato che questo batterio si trasmette per contatto con l'alimento infetto e per via oro-fecale, una delle categorie più a rischio sono le persone che lavorano nella macellazione dei suini.
Come dimostrato da diversi studi, le forme di tossinfezioni da Y. enterocolitica che interessano il solo apparato gastrointestinale non vengono arrestate o in alcun modo modificate dall'uso di antibiotici.
La terapia con antibiotici viene effettuata in caso di pazienti particolarmente a rischio di infezioni sistemiche, come i lattanti e gli immunodepressi. In particolare, risultano efficaci le cefalosporine di terza generazione, gli amminoglicosidi e i fluorochinolonici.
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