Nel 2018 una pubblicazione dello IARC (International Agency for Research on Cancer), agenzia che fa parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, ha introdotto la carne rossa nel gruppo 2A, ossia tra i fattori "probabilmente cancerogeni", e la carne rossa lavorata nella classe 1, cioè fra gli elementi "sicuramente cancerogeni" per l'uomo. Da qui si è riaperto il dibattito sul consumo di questo tipo di alimenti, creando non poca confusione tra i consumatori che si chiedevano: quanto fa male mangiare la carne? Ma sopratutto, con quale frequenza va consumato questo alimento?
Cerchiamo di rispondere a queste domande, andando a vedere cosa realmente ci dice la letteratura scientifica allo stato attuale.
Alcuni studi nel corso del tempo hanno correlato il consumo di carne all'insorgenza di alcune patologie croniche. Un esempio è uno studio del 2017 in cui è stata valutata la relazione tra consumo di carne, sia rossa che bianca, con il rischio di diabete di tipo 2. Lo studio, di tipo epidemiologico, si è basato sulla popolazione cinese, osservata nell'arco di circa 10 anni. Dai risultati è stato visto che solo il consumo di carne rossa è in realtà associato all'insorgenza di diabete di tipo 2, con un aumento del rischio anche in caso di alte quantità di carne di pollo assunta. L'effetto è stato messo in relazione all'alta introduzione di ferro eme attraverso la carne ed è stato notato che, con l'aumento dell'assunzione di questo micronutriente, si aveva anche l'aumento del rischio dell'insorgenza del diabete. Gli stessi risultati non sono, invece, stati osservati in caso di alta assunzione di pesce. Inoltre, oltre che alla presenza del ferro eme, l'aumento del rischio sembra essere correlato ad altri fattori non ancora noti. In ogni caso, i ricercatori stessi pongono l'attenzione sulla necessità di non escludere la carne dalla dieta, ma semplicemente aumentare la qualità della carne scelta e ridurne l'assunzione, che non può essere quotidiana.
Il consumo eccessivo di carne rossa è stato associato, inoltre, a diverse forme tumorali, in particolare a quelle legate all'apparato gastrointestinale, come nel caso del tumore al colon-retto e allo stomaco. Altri studi l'hanno correlato al cancro al seno, alla prostata e all'endometrio.
Inoltre, il consumo eccessivo di carne rossa, in particolare, è stato associato ad un maggior rischio di sviluppo di sindrome metabolica e patologie cardiovascolari. In particolare, nel caso dell'obesità addominale, essa viene associata ad un eccessivo introito di carne rossa. Al contrario la carne bianca sembra non avere alcun effetto sull'obesità. Come in molti altri studi sulla relazione tra carne e patologie croniche, anche in questo caso sono necessari ulteriori ricerche che approfondiscano questi effetti.
Diversi studi hanno preso in considerazione la relazione tra consumo giornaliero di carne e insorgenza di patologie di diverso genere. In particolare, nel 2015 un gruppo di ricercatori ha studiato la relazione tra assunzione quotidiana di carne e rischio di tumore al seno. Dai risultati si è visto che il consumo di carne bianca e di quella rossa fresca non sembrano correlati con l'aumento del rischio di questo tipo di cancro. L'incremento dell'insorgenza di questa patologia si osserva solo nel caso di assunzioni quotidiane o comunque eccessive di carne rossa processata. In verità, va precisato che questo studio è, anche in questo caso, di tipo epidemiologico.
Il consumo quotidiano di carne, pari precisamente a 50 g al giorno di carne lavorata e 100 g al giorno di quella rossa fresca, è associato ad un rischio più alto di patologie cardiovascolari. La stessa correlazione è molto più debole se si prende in considerazione il consumo quotidiano di carne bianca. La meta-analisi che pubblica questi risultati precisa, però, che è necessario prendere questi risultati con cautela dato che sono frutto dell'unione di risultati di ricerche molto eterogenee fra loro, che potrebbero anche essere smentiti in futuro.
In realtà, la maggior parte delle ricerche che mettono in relazione il consumo di carne e le patologie cardiovascolari sono di tipo osservazionale, per cui i loro risultati hanno la necessità di essere ancora confermati in ulteriori studi di tipo clinico. In ogni caso, allo stato attuale, i dati a disposizione portano alla conclusione che non vi sono differenze significative tra il consumo di carne rossa o bianca in relazione alla concentrazione ematica di colesterolo, fattore importante nello sviluppo di questo tipo di patologie. Rimane comunque la certezza che un'alta assunzione di alimenti di origine vegetale ha un effetto positivo sulla prevenzione di queste malattie croniche.
Innanzitutto, vediamo che differenza c'è tra questi due tipi di carne, che vengono suddivisi non solo prendendo in considerazione gli aspetti visivi, ma soprattutto quelli biologici e anatomici. Non esiste una definizione chiara e semplice, ma in generale viene considerata rossa quella carne che ha una maggiore quantità di fibre muscolari rosse rispetto a quelle bianche. Le prime sono, infatti, più ricche di mioglobina e quindi di ferro, responsabile della caratteristica colorazione della carne.
Talvolta, però, la distinzione tra carne rossa e bianca viene fatta sulla base della tipologia di allevamento dell'animale, nonchè della sua età e sesso.
Una meta-analisi del 2019 ha preso in considerazione i risultati degli studi che correlano il consumo di carne all'insorgenza di cancro allo stomaco. La stessa pubblicazione mette in rilievo come rimane ancora incerta quale tipologia di carne sia più rilevante nell'insorgenza di questa patologia. Dai risultati ottenuti, però, la carne bianca è stata associata ad una riduzione del rischio di tumore allo stomaco. Al contrario quella rossa, sia fresca che lavorata, avrebbe l'effetto opposto. Come lo studio stesso conclude, sono però necessarie ulteriori ricerche che confermino ed approfondiscano ulteriormente l'argomento.
Un'altra meta-analisi ha indagato sulla differenza tra il consumo di carne bianca e degli altri tipi di carne sull'incidenza di infarto e morte per tale causa. Dai risultati ottenuti, si è visto che in effetti la carne bianca sembra avere una minore influenza sul rischio di infarto rispetto alla carne rossa. Viene, però, specificato anche in questo caso che i dati devono ancora essere confermati del tutto.
La dieta occidentale è spesso associata ad un maggior stress ossidativo, in seguito all'introduzione di composti ossidanti in grandi quantità e alla bassa concentrazione di composti antiossidanti. Per questo motivo, un gruppo di ricercatori ha voluto valutare quanto il consumo di carne incida sullo stato ossidativo dell'organismo. Lo studio è stato per ora realizzato usando dei modelli animali e ha avuto risultati opposti a quelli che ci saremmo aspettati. La carne bianca apporta una maggiore quantità di molecola ossidanti, che però non sembrano incidere sullo stress ossidativo sistemico perchè non risultano alterati i sistemi endogeni antiossidanti.
Piuttosto che scegliere tra carne rossa e bianca, è bene prestare attenzione alla qualità del singolo alimento scelto. Nel caso, ad esempio, della carne rossa, è bene focalizzare l'attenzione sulla forma di cottura. Infatti, alcune tipologie possono aumentare la presenza nell'alimento di sostanze dannose. Una cottura eccessiva, che determina, ad esempio, la formazione di parti nere e bruciate dell'alimento, aumenta la produzione di sostanze potenzialmente tossiche e cancerogene, come le ammine eterocicliche e gli idrocarburi policiclici aromatici.
Allo stesso modo, per quanto riguarda le carni rosse lavorate è bene prestare attenzione al tipo di additivi che vengono utilizzati. I nitrati e i nitriti, ma anche un abbondante uso del sale e l'affumicatura, usata per motivi di conservazione e di esaltazione dell'aroma del prodotto, possono a lungo andare predisporre allo sviluppo di patologie. Per questo motivo, la qualità dei prodotti lavorati a base di carne è più importante della quantità.
Come abbiamo visto, non vi sono studi che correlino in modo definitivo il consumo di carne bianca ad un aumento dell'insorgenza di cancro. Inoltre, spesso non viene considerato il fatto che spesso la carne bianca costituisce un'alternativa a quella rossa, mentre altre volte è un'aggiunta. Non facendo questa distinzione, di fatto si confrontano abitudini dietetiche differenti.
La relazione tra tumore e carne bianca non è ancora definita, così come il rapporto tra la sua frequenza di consumo e l'insorgenza di patologie croniche. I risultati sono ancora tutti da chiarire.
Per quanto riguarda la qualità della carne bianca, viene spesso citata in merito l'abitudine all'utilizzo di ormoni e steroidi durante l'allevamento. In realtà, l'uso di queste sostanze è proibito per le carni bianche, in base ad una direttiva europea del 1981. Questo divieto riguarda non solo la produzione all'interno dell'Unione Europea, ma anche le importazioni da paesi terzi.
Inoltre, anche l'uso degli antibiotici nell'allevamento avicolo si è ridotto negli ultimi anni e le leggi in merito all'uso degli ormoni sono, in genere, abbastanza rispettate.
La qualità della carne bianca è dovuta anche il tipo di allevamento scelto dal produttore. Oggi l'allevamento in batteria, spesso utilizzato in passato, ha lasciato lo spazio ad una produzione cosiddetta standard, ossia all'interno di capannoni con lettiera e mangimi. Qua i polli hanno una vita media di 56 giorni e si definisce una quantità massima di capi per metro quadro. Questa tipologia di produzione porta ad una carne poco gustosa.
Vi sono infatti tipologie di allevamento migliori, sia per qualità organolettica che nutrizionale. Dal punto di vista qualitativo la carne migliore rimane quella da allevamento biologico, priva di residui di antibiotici, non ammessi per legge in questo tipo di produzione, e con una maggiore quantità di micronutrienti, quali vitamine, ferro e acidi grassi omega-3. Questo è dovuto soprattutto all'alimentazione dell'animale, che è più ricco di queste sostanze. Al contrario, il pollo e la carne bianca in generale, proveniente da allevamenti intensivi ha una qualità nutrizionale inferiore perchè si utilizzano mangimi di peggiore composizione nutrizionale.
Leggendo, quindi, i risultati delle varie ricerche scientifiche, ne possiamo dedurre come la carne non sia un alimento da demonizzare del tutto, ma da scegliere in modo accurato in modo da consumare un alimento di qualità. Inoltre, è necessario accostare il suo consumo a quello di alimenti di origine vegetale, che dovrebbero costituire circa i tre-quarti delle calorie totali della dieta.
L'agenzia IARC considera sicura l'assunzione di 500 g di carne a settimana, quantità che non incentiva il rischio di sviluppare cancro.
In generale, la porzione di carne a persona viene considerata pari a 100 g di prodotto crudo per le carni fresche, e 50 g per quelle lavorate. A livello settimanale queste porzioni dovrebbero essere al massimo 4, di cui massimo 2 tra carne rossa, sia fresca che lavorata.
In realtà, non è importante tanto la quantità di carne in senso stretto, per la prevenzione delle patologie, ma tutto il complesso di fattori che determinano lo stato di salute di un individuo. Fra questi ultimi, vi sono quelli che predispongono maggiormente allo sviluppo di patologie croniche come il cancro o il diabete. Alcuni di questi fattori non sono modificabili, come quelli legati ad una predisposizione genetica, altri possono essere migliorati o eliminati con una maggiore attenzione generale all'alimentazione e allo stile di vita.
Il sovrappeso, l'obesità, la sedentarietà, il fumo, una dieta povera di proteine e fibre vegetali, sono tutti fattori che sommati insieme aumentano l'incidenza delle patologie croniche. In altre parole, se siete magri, sportivi, non fumate e bevete poco, è improbabile che eccedere ogni tanto con la carne rossa vi possa uccidere.
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