La selvaggina, o cacciagione, è un particolare tipo di carne, a cui appartengono tutti quegli animali che vengono cacciati, non allevati quindi, più per sport che per essere destinati al consumo umano, anche se, poi, di fatto, lo sono.
La selvaggina si suddivide in due grandi gruppi: quella da pelo e quella da piuma. Tra gli animali selvatici da pelo, i mammiferi, ricordiamo il cervo, il capriolo, il camoscio, il daino, il muflone, la lepre, il cinghiale, mentre tra gli animali da piuma, i volatili, si annoverano il fagiano, la beccaccia, la quaglia, la starna, il germano reale, la pernice.
Alcuni volatili vengono anche allevati, per esempio il fagiano, la quaglia e la pernice.
In Italia la caccia è regolamentata dalla legge n° 157 del 1992, non entreremo nel merito, ma la citiamo solo per sottolineare che la caccia è una pratica sportiva che ha dei limiti in funzione della protezione degli animali selvatici e può essere praticata solo previa espressa autorizzazione. Questo fa della selvaggina un prodotto alimentare raro, non onnipresente nei menù dei ristoranti, un prodotto di nicchia, consumato una tantum, non certo alla base della dieta giornaliera degli italiani, eccezion fatta per chi è cacciatore o per chi vive in alcune zone montane dove la cacciagione è più diffusa.
Esistono, tuttavia, parecchi ristoranti o agriturismi che tengono nel menù la selvaggina, praticamente tutto l'anno, proprio come prodotto di richiamo per gli appassionati di queste carni.
Esistono anche le Aziende Agrituristico Venatorie (ATV), gestite a livello provinciale, dove si permette la caccia secondo il calendario previsto per legge, e si può anche mangiare.
La carne di selvaggina ha delle interessanti caratteristiche nutritive, perché è povera di grassi e ricca di proteine. Basti pensare che gli animali selvatici sono in continuo movimento e hanno ampi spazi in cui muoversi, non sono chiusi in gabbia o recintati come il più delle volte accade per gli animali allevati che, inevitabilmente, mettono su grasso (spesso è una cosa voluta... Il grasso rende la carne più tenera e gustosa).
Inoltre, la carne degli animali selvatici non ha il rischio di essere contaminata con farmaci (ormoni, antibiotici, vaccini) spesso utilizzati in allevamento.
D'altro canto, ha il rischio di essere contaminata dal piombo dei proiettili dei fucili da caccia, tanto che L' Autorità Norvegese per la Sicurezza Alimentare ha sconsigliato a bambini e donne incinta di mangiare cacciagione più di una volta al mese, poiché il piombo influenza negativamente lo sviluppo del sistema nervoso centrale nelle fasi neonatali e infantili.
La carne di selvaggina è sconsigliata a chi soffre di iperuricemia (gotta) mentre il consiglio di evitarla per chi soffre di ipercolesterolemia (colesterolo alto) a nostro parere non ha ragion d'essere, essendo di solito una carne magra.
La carne di selvaggina, solitamente, ha un sapore più intenso, più deciso, più "selvatico" rispetto a quello delle altre carni rosse di allevamento, per questo si consiglia sempre di marinarla per qualche ora prima della cottura. La marinatura può essere fatta con il vino rosso, con erbe aromatiche e spezie che hanno la funzione di "ingentilire" il sapore pungente di queste carni. Si possono usare anche ingredienti dolci come il miele o lo zucchero. La sua consistenza è spesso più dura e coriacea rispetto alla carne di allevamento, e questo a prescindere dalla frollatura, che andrebbe a maggior ragione effettuata (ma non sempre viene fatto), per un tempo variabile in base alla pezzatura, a temperatura controllata (< 4°C).
Le cotture più adatte per la selvaggina sono quelle lunghe: la stufatura, la brasatura o la cottura in forno.
La selvaggina esercita un grande fascino sui consumatori, dovuto alla sua rarità... Ma alla prova di assaggio la maggior parte delle persone non accetta il sapore così intenso e particolare, e lontano da quello a cui siamo abituati ovvero gli animali da allevamento che, beninteso, sono selezionati e allevati in modo tale da avere caratteristiche migliori, rispetto agli animali selvatici! Ecco che le ricette con la selvaggina prevedono sempre l'utilizzo di ingredienti che cercano di ingentilire o coprire il sapore spesso eccessivo e poco gradevole della selvaggina. Ed ecco perché molti ristoratori preferiscono scegliere selvaggina allevata, le cui carni sono più tenere e dal gusto meno invadente, grazie alle tecniche di allevamento.
Alcuni animali selvatici vengono anche trasformati in salumi e insaccati, si pensi al prosciutto di cervo, alla mocetta di camoscio (una sorta di bresaola) o al salame di cinghiale. I salumi a pezzo intero, se ben realizzati, sono delle vere e proprie chicche dal prezzo quasi sempre molto alto. I salami (di cinghiale, di cervo, ecc) sono invece realizzati nel 90% dei casi miscelando la parte magra della selvaggina con un 20-30% di carne grassa di maiale. Dato che è il grasso, per lo più, a conferire l'aroma al salame, spesso non si percepisce in questi salumi niente di diverso da un normale salame fatto solo col maiale. Considerando che molto raramente questi salumi non vengono addizionati con nitriti, è sempre bene guardarli con diffidenza e non farsi affascinare dal fatto che sono prodotti con la selvaggina: consiglio di leggere le etichette, di assaggiare, e se non superano la "prova ingredienti" (ovvero se contengono nitriti) e la prova di assaggio, lasciarli lì dove sono.
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