Le microalghe alimentari sono dei microrganismi fotosintetici usati spesso negli integratori alimentari, ma sono oggetto di diversi studi non solo per le loro caratteristiche nutrizionali, ma anche per i benefici che le microalghe potrebbero potenzialmente apportare all'ambiente.
Vediamo tutti i dettagli nel corso di questo articolo.
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Le microalghe sono microrganismi che vivono sia nell'acqua dolce che salata, e quindi possiamo trovarle sia nei mari, che nei laghi e fiumi. Esse sono in grado di fare la fotosintesi, cioè usano l'energia solare e la CO2 per rilasciare ossigeno e produrre zuccheri nell'ambiente.
Per questo motivo, questi microrganismi sono definitivi "biofabbriche verdi", perchè producono diversi composti interessanti e usano per questo fine anidride carbonica, sali minerali presenti in grandi quantità nell'ambiente ed energia solare: tutte fonti di energia estremamente rinnovabili.
Va fatta, però, una differenza tra macroalghe e microalghe. Le prime sono appartenenti alla vegetazione marina, e spesso vengono usate nell'alimentazione e in cucina. Le microalghe hanno una composizione nutrizionale diversa, in quanto sono ricche di proteine e sono microrganismi. Vengono, inoltre, proposte come futuri sostituti della carne e delle proteine animali in generale.
Le microalghe possono essere coltivate e sfruttate soprattutto nei paesi con una grande esposizione solare, ed in particolare in quelli in via di sviluppo che necessitano di nutrienti e alimenti. Infatti, le microalghe sono ricche di nutrienti e vengono, infatti, usate per questo motivo fin da tempi antichissimi.
Questi microrganismi sono utilizzati, però, anche per il settore energetico, per la produzione di biodiesel da microalghe ed energia in generale, ma sono molto sfruttate anche nel settore cosmetico, farmaceutico e nutraceutico.
Inoltre, la coltivazione delle microalghe è di recente molto apprezzata per il suo basso impatto ambientale, perchè possono essere coltivate in modo sostenibile, senza sottrarre risorse alla produzione agricola, ma permettendo di riciclare l'acqua. Inoltre, esse sono in grado di ridurre la presenza di gas atmosferici inquinanti e anche l'anidride carbonica dell'atmosfera, dato che la usano per il loro metabolismo.
La coltivazione delle microalghe ha come vantaggio che non compete con altre risorse alimentari e possono essere coltivate anche in luoghi non coltivabili e contaminati, in cui vengono appunto messi gli stabilimenti di produzione intensiva di questi microrganismi. Inoltre, le microalghe crescono velocemente e in modo continuo durante l'anno, richiedono poca acqua e non hanno necessità di pesticidi o erbicidi.
Altro vantaggio della coltivazione delle microalghe è il fatto che possono essere manipolate per arrivare alla produzione delle sostanze che interessano e producono sostanze attive e utili per diversi scopi, nutraceutici e non solo.
A seconda delle specie di microalghe, abbiamo proprietà nutrizionali diverse: alcune sono interessanti per il contenuto di omega-3 piuttosto elevato, altre per il contenuto proteico che può essere anche maggiore di quello della carne. Pertanto la coltivazione delle alghe potrebbe portare ad una riduzione dell'allevamento animale. Altre specie sono sotto osservazione per la produzione di pigmenti e fibre, e possono essere usate quindi per differenti applicazioni industriali.
L'Università di Flinders, nel sud dell'Australia, ha in corso diverse sperimentazioni che mirano a sfruttare queste caratteristiche delle microalghe per la produzione competitiva di alimenti come barrette e pasta, o bevande, oppure ancora per il biodiesel o nell'industria chimica.
In Asia già attualmente vengono usate microalghe per la produzione di mangimi animali, mentre in Occidente sono usate quasi esclusivamente per la produzione di integratori.
Per la coltivazione delle microalghe si utilizzano tecniche diverse a seconda del luogo di coltivazione e di utilizzo del prodotto finito. Principalmente si utilizzano due diversi tipi di tecniche: le vasche aperte (o "Open Ponds") e i fotobioreattori chiusi (o PBRs). Nel primo caso le alghe vengono fatte crescere al sole e all'aria aperta dentro enormi vasche. I limiti di questo tipo di coltivazione riguardano l'evaporazione del liquido di coltura, specie nei climi molto aridi e caldi, e di conseguenza si ha una variazione del liquido stesso di coltura, per quanto riguarda, ad esempio, la salinità e la concentrazione di nutrienti essenziali per le microalghe stesse. Inoltre, le vasche aperte sono più facilmente contaminabili da parte di batteri, protozoi e altre microalghe di specie diverse da quella di interesse.
Per questi motivi, la coltivazione delle microalghe in vasche aperte non viene effettuata quando è necessaria una massima sicurezza del prodotto finito e quando si hanno già delicate condizioni sanitarie. Non viene, infatti, usata per la produzione di microalghe a scopo alimentare.
I fotobioreattori chiusi, invece, consentono di controllare la crescita delle microalghe e le loro contaminazioni, ma anche di avere risultati migliori anche in termini quantitativi. Questi fotobioreattori vengono progettati con lo scopo di avere perdite minime del liquido di coltura attraverso l'evaporazione, ma anche per garantire un prodotto di qualità. In questi sistemi possono essere manipolati la crescita delle alghe e il consumo di anidride carbonica per ottimizzare la resa finale.
La coltivazione delle microalghe avviene soprattutto in Asia e in Africa, maggiormente dotate in climi e spazi adeguati al caso. Per questo motivo, le microalghe usate in Europa vengono importate da questi continenti. Il trasporto, quindi, va ad avere un certo impatto ambientale ed, inoltre, vengono spesso importati prodotti non puri e contaminati. Per questo in Europa sarebbe l'ideale l'uso dei bioreattori chiusi, producendo quindi direttamente in questo continente le microalghe necessarie. Questo tipo di coltivazione è però molto più costosa. Uno studio recente, del 2020, ha valutato il vantaggio di questo tipo di produzione rispetto alla normale produzione di pesce, nell'ottica di usare le microalghe come fonte alternativa e più ecologica di omega-3. Dalle valutazioni effettuate in termini di impatto ambientale, è risultato che la produzione di microalghe porterebbe ad un miglioramento della situazione dei mari, spesso contaminati e impoveriti dalla pesca e dalle attività che ne sono correlate.
Le microalghe sono molto apprezzate per le loro caratteristiche nutrizionali che possono differire a seconda anche della specie considerata. In generale, hanno un alto contenuto di proteine, che può arrivare anche al 70% del peso totale, e un 30% di carboidrati.
L'aspetto più interessante è il contenuto di minerali, in particolare iodio, calcio e ferro, e vitamine, come la A, la C e alcune vitamine del gruppo B. Sono apprezzate in particolare per il loro contenuto di carotenoidi, come astaxantina e beta-carotene, vitamina B12 e acidi grassi polinsaturi omega-3 e omega-6.
La più famosa tra le microalghe è quella che viene chiamata "spirulina", appartenente alla specie Arthrospiramaximae A. platensis. Questa microalga è considerata dall'OMS una dei migliori superfoods del pianeta. Possiede il 18% di carboidrati, l'8% di acidi grassi, fra cui anche acidi grassi essenziali. Interessante è il contenuto di beta-carotene e altri 14 tipi di carotenoidi, ma è anche soddisfacente il contenuto di vitamina B12, vitamina A, vitamina E e vitamina K.
La spirulina ha anche le ficobiliproteine, delle molecole dall'attività antiossidante; inoltre ha un contenuto di amminoacidi elevato che ne permette l'uso, ad esempio, per l'aumento del senso di sazietà. Ha anche diversi sali minerali e per questo viene spesso usata per l'integrazione nelle donne in gravidanza e in allattamento.
Oltre alla spirulina, altre specie di microalghe interessanti dal punto di vista nutrizionale sono la Chlorella, ricca di vitamina C, beta-glucani e minerali, e la Dunaliella. Entrambe hanno un contenuto di beta-carotene e antiossidanti abbastanza interessante.
Le specie ammesse al commercio e utilizzo alimentare all'interno dell'Unione Europea sono la Spirulina e la Chlorella.
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